Stretching e Flessibilità – Quanto si può migliorare?
La flessibilità è una caratteristica intrinseca di ogni atleta, e sebbene migliorabile, non si può andare oltre certi limiti fisici. Questa è la risposta alla domanda più comune che ogni frequentatore di palestre di kick-boxing, danza, o altri sport in cui l’elasticità è una caratteristica fondamentale, si pone dopo i primi allenamenti.
In generale possiamo definire la flessibilità articolare (o mobilità articolare) come la libertà o ampiezza dei movimenti che un’articolazione (oppure più articolazioni) è in grado di consentire ai segmenti ossei, cioè, in definitiva, alle strutture anatomiche che compongono l’articolazione stessa (Bellotti – Matteucci in L’allenamento sportivo).
La flessibilità è generalmente migliorabile tramite lo stretching, che quindi diventa una componente fondamentale dell’allenamento in alcuni sport in cui essa è importante. Inoltre esso rappresenta un’ottima pratica per la prevenzione degli infortuni anche in sport in cui non è richiesta una mobilità articolare al di sopra della norma.
– I fusi neuromuscolari;
– Gli organi tendinei del Golgi.
Gli organi tendinei del Golgi sono dei propriocettori che si occupano di trasmettere al sistema nervoso informazioni riguardanti lo stato di estensione del muscolo interessato. Si occupano perciò di inviare al cervello il segnale di “muscolo teso al massimo”, inibendo la contrazione e regolando la successiva decontrazione della fibra.
Lo stretching
– stretching attivo;
– stretching passivo.
Lo stretching inteso tradizionalmente è una pratica di allungamento statica, in quanto avviene generalmente facendo assumere una posizione statica di massimo allungamento del muscolo, che dura solitamente dai 10 ai 30 secondi.
Quanto si può migliorare?
Una delle domande più diffuse tra i non addetti ai lavori è “in quanto tempo riuscirò a effettuare la spaccata sagittale?” per una danzatrice o “quanto riuscirò a migliorare i miei calci laterali” per un atleta di arti marziali. Purtroppo non c’è una risposta ben definita. Si può affermare che il miglioramento ci può sicuramente essere, ma esso riguarda unicamente un adattamento delle strutture muscolari e neuromuscolari. Lo sport non può invece migliorare le strutture ossee o i tendini, che spesso sono i veri responsabili di una scarsa flessibilità. Per questo motivo la risposta è spesso molto soggettiva, oltre che lenta (spesso per un netto aumento della mobilità di un’articolazione sinoviale, come quella coxo-femorale sono richiesti anni di allenamento).
Generalmente lo stretching statico passivo (quello tradizionale per intenderci), con stiramento massimo del muscolo e periodo di distensione tra i 20 e i 30 secondi è quello che fornisce i migliori risultati. È importante però, specialmente per ottenere risultati in termini di allungamento muscolare (che comunque non son sempre garantiti), la costanza e l’applicazione. Andrebbe privilegiato nella fase di riscaldamento (più che a fine allenamento) e andrebbe evitata la distensione massima per le strutture muscolari che durante l’esercizio fisico non la raggiungeranno mai.